di Rossella Quitadamo
Come da tradizione un gradito ritorno per inaugurare il primo concerto della stagione 2013 e per scambiarci gli auguri al suono di un jazz frizzante come lo champagne.
Quest’anno sono stati gli otto talentuosi Spoktet ad annunciare con il loro irresistibile groove che il giovedì pescarese è di nuovo jazz e non solo, sperimentazione e talento musicale, cultura e condivisione nel sodalizio Associazione Kabala e ristorante Ponte Vecchio.
E’ difficile scrivere un commento ad una serata su cui nutrivo solo certezze e nessun dubbio, ancora più arduo è parlare di Simone Pacelli e il suo Oktet senza ripetere i complimenti già fatti in passato. Se l’anno scorso le mie parole nascevano dall’entusiasmo per la scoperta della loro musica trascinante, oggi scaturiscono dall’ammirazione per la loro capacità di continuare a stupire e deliziare gli ascoltatori, di riuscire nuovamente a colorare con le calde note di un jazz club anni ’70 lo charme italianissimo di Ponte Vecchio.
Ieri sera è stato un colto e vivace viaggio nei territori più creativi della musica 60 e 70 e oltre, il racconto di un periodo che ha gettato le basi della musica attuale, un’epoca d’oro che mai più si è ripetuta.
Grandi momenti e situazioni sonore distanti nel tempo che Simone Pacelli ha reso attuali e vicine nello spirito con i suoi impeccabili arrangiamenti e l’ottetto ha interpretato con tecnica squisita, quella che si dissolve per restituire all’ascolto solo la verve, l’immediatezza e l’espressività di una musica che non perde mai il suo irresistibile fascino.
Raffaele Pallozzi al pianoforte, Manuel Trabucco, Alberto Grossi e Italo D’Amato ai sax, Tiziano Pasquarelli alla tromba, Francesco Di Giulio con trombone e basso tuba, trasportati dal ritmo di Simone Pacelli al basso elettrico e Luca Falsetti alla batteria, hanno dato vita a The cat, Electric Boogaloo, Austin Power Theme e Yeh yeh, pezzi indimenticabili che, spesso, hanno attraversato interi decenni mantenendo intatta tutta la loro freschezza e simpatia.
Ascoltare questi ed altri simili brani è stato un po’ come rivivere tutto il fermento culturale e sociale che c’è alle loro origini: voglia di affermazione, di rompere gli schemi con sperimentazioni e fusioni tra generi diversi, arte creativa priva di barriere stilistiche. Il risultato, per me, è una musica positiva, una carica di energia e di vitalità che spinge ad un ottimismo basato sulla volontà di rinnovamento, di impegno per il cambiamento. A voler leggere tra le righe, o meglio, tra le allegre note del Jefferson’s Theme di Jeff Barry e Janet Dubois, gli Spoktet ieri sera ci hanno fatto gli auguri natalizi più sinceri: Movin’ on Up, cambiare vita.
Dopo il bis, così come era cominciata, la serata si è conclusa giocosamente con l’uscita trionfale della band al ritmo di un allegro gospel, nella migliore tradizione delle marching band di New Orleans.
A dispetto delle false profezie siamo ancora qui, ormai è quasi Natale e tra i regali più belli sotto l’albero dei musicofili brilla una nuova favolosa stagione del Kabala: Movin’ on Up!