Giovedì scorso, al Caffè Letterario – Cinque Sensi di Pescara, una magica serata musicale organizzata da Kabala, il Club di musica jazz e blues che ormai ci ha abituati a performance d’eccellenza di risonanza nazionale ed internazionale. Il presidente dell’Associazione ospitante, Giancarlo Alfani, anche questa volta non si è smentito nella sua capacità di veicolare in città nomi altisonanti come quelli di Tullio De Piscopo, guest-star di turno, insieme ai genovesi Dado Moroni e Aldo Zunino, rispettivamente pianista e contrabbassista che hanno accompagnato l’artista napoletano in un contesto “Trio-Jazz” d’autore.
Tullio De Piscopo, sia prima che dopo il concerto, si è gentilmente concesso alla mia intervista, con i suoi atteggiamenti simpatici e pittoreschi che caratterizzano un personaggio ormai “leggenda” della musica, come lui stesso ama definirsi, ma sempre in uno stile autoironico. E’ mi ha subito sorpreso per la risposta originale alla mia prima domanda: “Certo che puoi intervistarmi, ma non c’è bisogno che mi fai delle domande ben precise, vieni appresso a me e poi scrivi quello che vedi, che dico, che sto facendo, cose semplici”. Nel camerino, mentre stuzzicava alcune specialità locali nell’attesa dell’esibizione, ha accolto alcuni amici coi quali ha ricordato inevitabilmente i periodi trascorsi al fianco di Pino Daniele, commentando bellissime sue foto originali che gli sono state regalate dall’abruzzese Vittorio Finocchio, il primo fotografo ufficiale del compianto mito partenopeo.
Molti gli aneddoti venuti fuori nel commentare le immagini cartacee di quei momenti storici risalenti ai primi anni ’80, e tra questi non posso non citare un riferimento preciso di Tullio De Piscopo di fronte ad una foto simbolo in cui Pino Daniele calzava una fascia a mantenere i suoi lunghi e folti capelli: “La storia di questo foulard: attenzione, era di mia moglie e io gliel’ho rubato, perché mi piaceva, con quei colori rosa e bianco, una cosa indiana, capito? A Pino gli è piaciuto e così io l’ho regalato a Pino e gli ho detto: ‘u fulàr t’ha da mettere a cà (sulla fronte, ndr), pecchè tu si Geronimo, e io so Kocis! E lui mi disse bravo!”.
Commovente, poi, il saluto spontaneo di Tullio con un “Ciao Pino!” all’amico di sempre, mentre gli stavano mostrando una foto di Daniele che si rivolgeva ai suoi fans con la mano alzata. Tra i visitatori del camerino, che nel frattempo diventava sempre più piccolo e stretto per il gran numero di persone alla ricerca di un autografo o di una foto col personaggio famoso, il pescarese Massimo Di Rocco, altro grande musicista, il batterista de’ “I Camaleonti”. A questi Tullio De Piscopo ha riservato un particolare regalo, due bacchette per suonare la batteria con un innovativo dispositivo che allenta la pressione di battuta, una specie di sordina per attutire la percussione; inevitabile la foto di rito, con due sorrisi smaglianti a testimoniare un’antica amicizia. E di lì a poco il concerto: nella splendida ed accogliente sala “Favetta” ove sono esposti cimeli della tradizione abruzzese come “la Pupa” o il “Giogo” nell’ambito del preesistente “Museo Genti d’Abruzzo”, l’inconfondibile ritmo di Tullio De Piscopo ha iniziato a far battere a tempo i piedi dei numerosi presenti intenti a degustare un ottima cena, mentre la maestria del pianista ed il caldo ed avvolgente suono del contrabbasso rivelavano una chiara connotazione jazzistica dello stile musicale adottato.
Molti e bellissimi i brani di richiamo internazionale, ma da brividi quelli la cui paternità era riferita a Pino Daniele, come ad esempio “Quando” e “Je so’ pazz”. Di una di queste in particolare, “Stadera”, Tullio ha ringraziato non solo Pino ma anche il coautore Joe Amoruso, tastierista ed altro componente di quella mitica Band, dedicata alle vittime del terremoto dell’Irpinia. Infatti, Stadera è il nome di una via di Napoli in cui crollò un intero palazzo quella tragica sera del 23 novembre 1980. E poi, tra i tanti assoli, non poteva mancare l’accenno ai brani musicali incisi da solista, come “Andamento Lento” o “Stop Bajon”. Significativo uno dei tanti racconti del percussionista napoletano, che intermezzava nelle pause, in cui ha descritto i suoi viaggi della speranza al Nord che faceva da giovanissimo con la sua batteria pagata con le cambiali di papà, in quanto ancora minorenne, e con l’immancabile valigia contenente i vinili ed il giradischi marca “Allocchio Bacchini”. Da qui l’ispirazione del brano, poi magistralmente eseguito, intitolato “NA-MI-NA”, che sta per Napoli-Milano andata e ritorno. Dopo una bella scorpacciata di applausi, autografi e selfie, i tre artisti si sono accomiatati, stanchi ma soddisfatti, consapevoli di aver offerto al pubblico presente una memorabile serata musicale.
La gentilezza e disponibilità di Tullio De Piscopo poi si sono protratte anche dopo il concerto, consentendomi di stare al suo fianco di fronte ad un’ottima pizza e del buon vino, così di carpire ulteriori e preziosi dettagli della sua straordinaria vita da artista. Con i pochi presenti, in un locale vicino, tanti sono stati i discorsi che De Piscopo ha condiviso in modo amichevole, alternando riferimenti ai periodi di grande successo, sia con Pino Daniele ma anche con Astor Piazzolla col quale ha registrato ben undici dischi, a storie di vita quotidiana e più intima. Un ricordo significativo, che merita di essere citato tra i tanti, quello del periodo in cui frequentava la sala di registrazione di Pino Daniele, a Formia, chiamato “Bagaria” e che aveva nel logo dell’etichetta tre pomodori San Marzano. In quella sede, dove aveva la possibilità di alloggiare, Tullio De Piscopo ha citato la grande importanza del momento in cui degustava il primo caffè del mattino che Pino Daniele preparava con grande cura, esaltandone la qualità, anche perché per farlo utilizzava un tipo di acqua sorgiva del luogo: “Quel caffè, mi dovete credere, ispirava i miei accenni spontanei di batteria e quelli di chitarra di Pino, e che poi si trasformarono nei brani musicali di successo che conoscete”.
Bruno D’Alfonso
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