Ovvero riuscire a dimostrare personalità e carattere rispondendo a domande di una banalità disarmante
di Rossella Quitadamo
E’ stata una grande serata quella che ha concluso la quarta stagione del Kabala: Jacek Pelc, un batterista definito a ragione camaleontico, il fascino e la voce di Agnieszka Hekiert in anteprima assoluta in Italia e la chicca della coppia Maurizio Rolli e Giancarlo Alfani, come dire “attenti a quei due”, a quelle occhiate e quegli ammiccamenti che si lanciano sul palco prima di partire in duetti o duelli all’ultima corda.
Ma per questa ultima volta girerò i riflettori dal palco e li rivolgerò sul jazz club. K come il know how che tanti professionisti della musica e non hanno messo a disposizione del club; A come l’attenzione ai dettagli e l’amore con cui ognuno ha fatto la propria parte; B come backstage ovvero tutto ciò che c’è stato prima, durante e dopo ogni concerto; di nuovo A come accoglienza, quella impeccabile del Caffè Letterario; L come tutte le lingue declinate dal jazz che si è suonato in questa stagione ed infine di nuovo A come l’alchimia che si è creata ogni giovedì tra coloro che hanno fatto musica insieme: artisti e ascoltatori. Tutto questo in una sola parola è stato, anche quest’anno, Kabala.
E se ieri sera Giancarlo Alfani ha smesso le vesti di presidente dell’associazione per vestire quelle di artista, ospite in casa propria, in fondo è grazie alla sua idea e al suo entusiasmo che è nata questa realtà, ecco perché nella mia intervista non si è parlato di musica. O forse sì
Cosa ti piace di più del Kabala?
Giancarlo: Sicuramente la parte dell’attesa prima del concerto, l’ingresso dei soci che ormai conosci da quattro anni e i nuovi amici, i saluti e i baci, le chiacchiere… è come una grande festa di famiglia che si ripete ogni giovedì.
Quali sono i difetti del Kabala?
Giancarlo: Il difetto, che però è anche un pregio, è quello di essere una associazione ristretta, nonostante siamo più di 600 soci. Mi piacerebbe poter estendere le emozioni che si provano qui ad un pubblico più vasto, però così facendo il Kabala probabilmente perderebbe la sua identità.
Lasceresti il tuo lavoro per dedicarti solo al Kabala?
Giancarlo: Lascerei il mio lavoro per dedicarmi solo alla musica in generale; solo per il Kabala no, non penso: è una passione e mi piace che rimanga tale.
Nell’ambito delle tue attività musicali (Kabala e non solo), se dovessi scegliere tra l’organizzazione di eventi e la tua attività di chitarrista?
Giancarlo: Nella mia vita sono sempre stato di fronte a bivi ma poi di fatto non scelgo mai, per cui è una domanda difficilissima a cui non posso darti una risposta perché non ho ancora dato una risposta nella mia vita. Preferisco che sia la vita a darmi una risposta prima o poi, spero poi.
Hai fatto delle rinunce per il Kabala?
Giancarlo: Certo! E non solo io anche la mia famiglia. Per questo le serate del Kabala sono solo dodici e non di più come tutti vorremmo
Quanto sei ambizioso come presidente?
Giancarlo: Come persona e come professionista molto, come presidente del Kabala no. Voglio che il Kabala rimanga una passione e non un’abitudine o peggio una mania.
Qual è la cosa più assurda che hai fatto per il Kabala?
Giancarlo: Forse il provare ad allacciare rapporti con persone con cui già sapevo che sarebbe andata malissimo, anche in un certo senso umiliandomi come professionista: come previsto è andata male, era una partita persa in partenza è questo l’assurdo.
Cosa ha da invidiare il Kabala ad altri jazz club?
Giancarlo: La continuità ed anche, in parte, il pubblico: il Kabala ha un pubblico di amatori, mancano completamente i musicisti. Invidio tanto quei Jazz club dove anche i musicisti vanno a sentire i concerti, anche se devo dire che non ce ne sono molti di posti così.
Qual è la cosa più difficile del tuo compito di presidente del Kabala?
Giancarlo: Gestire tutta la parte amministrativa, è la più farraginosa e meno piacevole: quando c’è qualche noia gira e rigira arriva sempre al presidente!
Venderesti il Kabala come marchio commerciale?
Giancarlo: No, direi proprio di no.
Cosa ti ha dato e ti da il kabala?
Giancarlo: Tantissimo! La freschezza nei rapporti umani, conoscere tanta gente interessante, allacciare nuove amicizie con i musicisti, i soci e i collaboratori. E’ bello avere questa familiarità e assiduità per i mesi invernali, poi non vedersi per tanto tempo e quando l’anno successivo si ricomincia è come se ci fossimo lasciati il giovedì precedente …e poi è una valida alternativa alla monotonia della Tv sul divano di casa!
Meglio un musicista di alto livello poco conosciuto o un artista più commerciale?
Giancarlo: Non essendo il Kabala un’attività commerciale io preferisco il primo ma non disdegno l’artista più conosciuto perché ha una notevole forza nel coinvolgere il pubblico: il Kabala è nato proprio per dare notorietà a musicisti poco famosi anche se qualitativamente eccellenti. Mi piacerebbe che la fama di coloro che hanno attirato tanto pubblico si ridistribuisse tra tutti i validi artisti che sono saliti sul palco del club.
È difficile conciliare la qualità con il budget a disposizione?
Giancarlo: Sempre meno, per colpa (o merito in questo caso) della crisi che ha livellato verso il basso il cachet degli artisti.
Lasciaci qualche progetto per il nuovo anno del Kabala
Giancarlo: Ho già tante idee che speriamo vadano in porto. Un’idea è quella di diluire i concerti in un periodo più lungo così da alleggerire il lavoro dei collaboratori e soprattutto non costringere i soci ad un impegno a cadenza settimanale. Un altro progetto già in atto ma che continuerà a svilupparsi è quello di fare network con altre realtà musicali regionali ed extraregionali, in modo da poter prospettare agli artisti una serie di date: ciò permetterebbe di abbattere i costi e avere la possibilità di proporsi a musicisti di alto livello.
Visto che questa associazione ha un nome che richiama l’esoterismo, quali sono i numeri magici del Kabala?
Giancarlo: giocate al lotto 21 36 72… Scherzi a parte, 630 soci e 12 collaboratori che ringrazio perché hanno tutti fatto la loro parte al meglio. A tal proposito, per tornare a qualche domanda fa, devo dire che una delle cose più belle del Kabala è stata dall’idea creare un progetto, mostrarlo ad altre persone ed essere talmente convinto e convincente da coinvolgerle in questa avventura così, per passione, senza nessun ritorno economico. E’ una cosa che mi rende orgoglioso. In fondo è questa la magia del Kabala: aver trovato quasi per empatia persone che hanno creduto talmente tanto in quello che era un mio sogno da farlo diventare anche il loro.