di Rossella Quitadamo
Un primario di medicina d’urgenza che dipinge con la luce, altri due medici -non per niente un cardiologo e un’internista- capaci di scrutare nel cuore degli uomini e decantarne sentimenti e desideri, un musicista con la poesia dentro, una cantante con l’animo di un’attrice, ed ancora due cantanti di cui uno è anche direttore d’orchestra ed infine due attori, di cui una è anche fotografa. Il cerchio si chiude attorno ad un colore, l’azzurro, che è pretesto e scusa per liberare l’arte e farla volare nel cielo come un aquilone appena sostenuto dall’esile ma resistente filo di una lucida ragione.
Azzurra è il titolo della performance che domenica 22 aprile, a partire dalle 18.30, ha animato il jazz club Kabala presso il ristorante Pontevecchio. Azzurra è la tinta dominante nel set di fotografie di Rodolfo Sbrojavacca ma è anche il nome di Azzurra D’Aurelio, che è perno e fulcro di questa iniziativa, la scintilla che ha dato inizio a questo circolo virtuoso.
Insieme a lei Domenico Gruosso ha fermato con le parole gli stati d’animo e le sensazioni suscitate dalle immagini di Sbrojavacca: scene di vita quotidiana capaci di narrare tutta una storia in quell’unico istante congelato dal click, e soprattutto piccoli particolari che l’occhio attento del fotografo ha saputo rendere simboli e protagonisti di un’emozione.
Le parole di Azzurra e Domenico, a loro volta, prendono vita nelle voce e nei gesti di Arnaldo Guido e Federica Nico che più che narrare dipingono con tratti lievi o con grosse e possenti pennellate affreschi di vita interiore, sentimenti e stati d’animo.
E in una sinestesia totale arrivano la musica di Marco Di Marzio e il canto di Candida D’Aurelio, Vincenzo Di Nicolantonio e Patrick Murray a colorare di note e a guidarci per mano in questo cammino multisensoriale.
Una sfida perfetta per Marco Di Marzio: riuscire a commentare colori e parole. Lo ha fatto viaggiando tra la canzone d’autore italiana e standard come My funny Valentine; tra Sting, Pat Metheny e il fado portoghese passando, ovviamente, attraverso i suoi amati Beatles. Ha amalgamato e fuso in un discorso coerente parole, poesia, pensieri e immagini con arrangiamenti intimistici e dolcemente visionari, come solo lui sa fare, con quel tocco di genialità che gli ha permesso di salire sul palco a suonare da solo e tenere testa alla voce di ben tre cantanti di cui una è quella intensa, ammaliante, intrigante e affascinante di Candida D’Aurelio.
È difficile raccontare la musica, soprattutto quella così personale di Marco Di Marzio ma mi affido a queste bellissime parole di Azzurra e Domenico: “Ho due amori, due tipi di blu: uno è mare che sembra nero e profondo d’inverno l’altro è azzurro e scoppia di colore e fa le scintille… uno soffia il sassofono e sussurra qualcosa. L’altro urla e improvvisa le note e batte le dita, sembra rompere le corde quasi ammazza l’aria di musica e interruzioni, e ti lascia senza forze”
In questo percorso circolare fatto di vibrazioni di note, di luce, di sentimenti, l’azzurro diventa un concetto, un’idea in tutte le sue sfumature. C’è il blu infinito dei cieli africani di Rodolfo Sbrojavacca e quello “dipinto di blu” della canzone di Modugno nel sorprendente arrangiamento di Marco Di Marzio dove il ritmo cambia come il battito di un cuore, dapprima lentissimo e sereno, poi tumultuoso e palpitante di fronte all’emozione.
Ma di un azzurro intenso può essere anche il sudario di solitudine di chi aspetta chiuso nelle stanze silenziose che Azzurra e Domenico hanno immaginato dietro quella finestra chiusa della foto di Rodolfo. Sono stanze che diventano prigione dove non entra più la luce, se non ci fosse la ferma convinzione che l’attesa finirà con un ritorno. Ed allora quel colore diventa determinazione e certezza, la speranza è tutta nelle note di un “Over the raimbow” appena accennato sulle corde della chitarra da Di Marzio.
Sulla scia di una musica che parla di sentimenti si inserisce perfettamente il fado, cavallo di battaglia di Candida. Ce ne ha regalati ben due, uno alla maniera di Coimbra, Barco Nigro, l’altro alla maniera di Lisboa, Cancao do mar. Se riesci ad entrare nell’ottica di questa performance ti accorgi che anche l’amore non è affatto rosso ma può essere frizzante ed inebriante come un blu elettrico o profondamente ombroso e passionale. Interpretazione al top per la cantante e grande inventiva per la musica di Marco che è riuscito a ricreare una intera band con chitarra basso e percussioni
Parlando di fado è immediato il richiamo ad un’altra musica che nasce per dar voce al sentimento popolare. In una contaminazione tra suono colore e poesia è al blues che pensi quando l’azzurro diventa il blu scurissimo venato di nero degli abissi di una cupa e lucida disperazione: “hanno provato ad uccidere tutto quel blu e a farne buio da vendere o umiliarlo a mare nero” salvo poi riscattarsi, proprio come nel blues, con un pizzico di amara ironia: “è rimasta una traccia di tutto quel blu: la vera malattia, che è la vita. Poi si guarisce. Tutti.”
Per Imagine, il brano che ha fatto da sfondo a queste parole finali, Marco ha chiamato sul palco tutti e tre i cantanti: il testo di John Lennon come messaggio di speranza, di amicizia e di armonia, quella che ha legato tutti i protagonisti di una così coinvolgente performance artistica.
Poi c’è stato ancora solo il tempo per un melodico bis per chiudere questo singolare pomeriggio che ha visto ancora una volta il Ponte Vecchio al centro dell’arte, in quella accoglienza calda, rilassata e amichevole che contraddistingue gli eventi a marchio Kabala jazz club.